Ma cosa ha scritto davvero il WSJ? E quali sono le fonti?
Spesso la sola autorevolezza di una testata giornalistica basta a dare credibilità ad una notizia. Figuriamoci succosa come quella della Merkel che chiede a Napolitano la testa di Berlusconi. Vi suggerisco di andare a vedere cosa scrive davvero, dopo l’attacco roboante, il Wall Street Journal. Ma vorrei anche riassumere qualcosa di quello che trovate in questo pezzo.
La signora Merkel ha gentilmente sollecitato l’Italia a cambiare il primo ministro, se l’attuale – Silvio Berlusconi – non si fosse dimostrato in grado di cambiare l’Italia
Bisogna leggere più avanti per avere dettagli ulteriori.
Merkel ha detto all’86enne presidente della Repubblica che gli sforzi dell’Italia per tagliare il deficit erano stati ”apprezzati”, ma che l’Europa avrebbe voluto vedere riforme più aggressive per rilanciare la crescita economica. E si è detta preoccupata che Berlusconi non fosse abbastanza forte per farle. Napolitano ha risposto che “non era rassicurante” il fatto che Berlusconi avesse ottenuto la fiducia parlamentare per un solo voto. Merkel ha ringraziato il presidente anticipo per ciò che avrebbe potuto fare, “nell’ambito dei suoi poteri”, per promuovere le riforme.
Come si vede, la versione è decisamente più dolce rispetto a quella che troviamo nella prima parte del pezzo. Ma quali sono le fonti?
La ricostruzione del Wall Street Journal, basata su interviste con più di due dozzine di policy makers, tra cui molti protagonisti e su esami di documenti chiave, rivela come la Germania ha risposto ai pericoli in arrivo dall’Italia, imponendo il suo potere su una zona euro divisa.
Ventiquattro “policy makers” sono veramente tanti. Ma la questione è che “la ricostruzione” parte addirittura da luglio e tocca molti argomenti, non solo italiani. E non è dato di sapere quali tra i 24 abbiano raccontato la storia della telefonata. Se siano italiani o tedeschi. Se siano di centrodestra o di centrosinistra. Se siano, per ipotesi, Silvio Berlusconi.
Professor Monti, non si dalemizzi
Ora, non è che si voglia dire che il professor Monti non è competente, che non sa il fatto suo, che non salverà il Paese dal baratro, che alla fin fine non abbia fatto bene ad aver detto poco sulle prossime mosse, che non faccia bene a misurare ogni parola, che non faccia bene a dribblare le domande a cui non vuole rispondere.
Ma, cortesemente, visto che il compito è arduo, lo metta in pratica senza supponenza , senza aria furbetta, senza prendere per i fondelli, senza ostentare superiorità intellettuale. Sarà meglio per lui e per noi, che ci tocca ascoltarlo per almeno un anno e mezzo. Uno un po’ così, a Palazzo Chigi, lo abbiamo già avuto. Francamente può bastare.
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I trader, Occupy, l’Egitto. Un’analisi non convenzionale
Dal Cairo a una sala operativa; dal popolo di Zuccotti Park a quello dei traders. Nell’anno che secondo Time è stato dominato dal “manifestante” o “contestatore”, il Financial Times dedica una paginata strepitosa ai nuovi studi sui comportamenti delle folle, arrivando alla conclusione che, sotto questo aspetto, le differenza tra chi protesta contro Wall Street e l’oggetto della protesta le distanze non sono poi abissali. Si parte da qua.
Le ricerche dimostrano che comportamenti simili possono generarsi sia nelle folle virtuali che in quelle reali, dove si condivida un senso di collettività, guidato da interessi e obiettivi comuni. Laddove gli individui in un gruppo reale possono essere influenzati dal comportamento visibile degli altri, i fund managers e i giocatori on line vengono influenzati dai cambiamenti che avvengono sullo schermo. “Alcuni studi suggeriscono che basta immaginare una situazione, non hai bisogno di essere davvero là”, dice Michelle Baddeley, un’economista comportamentale dell’università di Cambridge.
La Baddeley si riferisce soprattutto agli “online gambler”, ma la mia impressione è che cisi possa spingere più in là. Tanto le proteste in Egitto e nei Paesi arabi, quanto quelle negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo, hanno generato in chi frequenta i social network e ha seguito le proteste a distanza un senso di comunità (e di comunanza con la folla reale) piuttosto forte. E infatti secondo il professor Vasily Clucharev, dell’università di Basilea, interpellato dall’FT, vedere gli altri membri del gruppo non è indispensabile.
Il punto qua non è quanto Facebook, Twitter o Blackberry Messenger siano stati strumenti per l’organizzazione di azioni di massa, ma il fatto che abbiano aiutato a creare un’identità comune
Questo per quanto riguarda, appunto, i movimenti di massa. Ma la finanza? Klucharev è particolarmente impegnato a studiare il meccanismo che scatta nel cervello quando il nostro comportamento differisce da quello degli altri e che ci spinge – quasi inconsapevolmente – ad adattarci. E, spiega Baddeley
Le emozioni – innate e istintive risposte agli stimoli – sono una componente integrata del decision-making finanziario e aiutano a spiegare l’apparantemente irrazionale mentalità da branco che si manifesta tanto nei periodi buoni, quanto in quelli cattivi.
C’è da dire – e l’FT lo sottolinea – che le proteste di piazza viaggiano su uno schema che vede un gruppo contro un altro gruppo, i traders, teoricamente, sono l’uno contro l’altro. Ma c’è da dire anche che il ruolo delle emozioni nei movimenti di mercato, francamente, ci mette un po’ paura.
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Confitarma, la Confederazione Italiana Armatori, manda così i suoi auguri
Alcune ore imbottigliati. Insensatamente.
Ai sindacati del trasporto pubblico locale serve davvero lo sciopero del trasporto pubblico locale?
Se le ragioni di uno sciopero sono economiche (e quindi non per la sicurezza sul lavoro, licenziamenti inopportuni/ingiusti) gli obiettivi, a mio modo di vedere, sono due: creare un danno economico all’azienda per le ore di produzione mancata e far sapere che c’è una situazione di disagio, far passare un messaggio, far sì che i media ne parlino.
Dal lato del primo obiettivo, che lo sciopero di venerdì non l’abbia raggiunto è evidente. La richiesta dei sindacati, ossia “il ripristino dei finanziamenti al servizio pubblico locale e al servizio ferroviario universale e per il nuovo contratto della mobilità”, era per il Governo. Le aziende di trasporto locale, che possono poco, sono di proprietà dei Comuni, che possono ancor meno. I media ne parlano, è vero. Ma ne parlano solo per dare informazioni di servizio. Se si voleva trasmettere un messaggio ai cittadini, questo non è passato.
Sarebbe un bene se i sindacati pensassero a forme di protesta un po’ più innovative, almeno in questo settore.
Le mie scuse
Piccolo post per chiedere scusa ai followers su Twitter e a chi retwittato ieri un paio di cose sul bollo di 34 euro sui conti correnti. Che sembrava una cosa nuova, per come la mettevano le agenzie e il testo dell’emendamento, ma di nuovo c’era in realtà solo l’innalzamento del bollo per chi non è persona fisica e, anzi, il taglio del balzello per chi ha giacenze inferiori ai 5000 euro.
Capita di mancare di lucidità o di essere frettolosi e ieri si sono sommati entrambi gli elementi. Un giornalista non dovrebbe concedersi questi lussi. E’ un tradimento della fiducia dei lettori/ascoltatori, anche su Twitter.
Il Paese non ce la può fare…
…e questo è uno dei motivi. Guardatevi l’articolo 30 della manovra, comma 8. Ed esprimete un giudizio da 1 a 10 sulla comprensibilità
_______________________________
Al fine di assicurare l’espletamento delle funzioni di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale statale secondo i principi di efficienza, razionalità ed economicità e di far fronte alle richieste di una crescente domanda culturale nell’ottica di uno sviluppo del settore tale da renderlo più competitivo ed in grado di generare ricadute positive sul turismo e sull’economia del Paese, nonché in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2 del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75 come modificato dall’articolo 24, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, al Ministero per i beni e le attività culturali non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, commi 8-bis e 8-quater, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 e di cui all’articolo 1, commi 3 e 4, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 […..]
06/12/2011 20:00 ###Manovra: possibile un terremoto nella governance delle banche-FOCUS
Si attendono i dettagli dell’articolo 36, le prime ipotesi (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 06 dic – La manovra approvata dal Governo Monti potra’ portare cambiamenti di rilievo nella governance di banche ed assicurazioni, anche all’interno dei consigli di amministrazione piu’ blasonati d’Italia. L’articolo 36, finora rimasto nelle retrovie, ma probabilmente destinato a diventare famoso, prevede infatti il divieto “ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti”. Ovvero non sara’ piu’ possibile per un consigliere sedere nel board di banche o assicurazioni concorrenti. Non si hanno indicazioni al momento se la normativa interessera’ gli organi di governance di nuova nomina oppure avra’ effetti retroattivi sugli organi gia’ eletti. Il comma 2 dell’articolo si limita a spiegare che “Ai fini del divieto, si intendono concorrenti le imprese o i gruppi di imprese tra i quali non vi sono rapporti di controllo ai sensi dell’art. 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 e che operano nei medesimi mercati del prodotto e geografici”. In attesa di indicazioni piu’ dettagliate sull’attuazione della normativa, inclusi gli incroci tra banche e assicurazioni, e’ solo possibile un giro d’orizzonte sui casi piu’ noti di consiglieri di banche o assicurazioni quotate che attualmente sono presenti in piu’ board. Giovanni Bazoli, ad esempio, oltre ad essere presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo e’ anche consigliere di Ubi Banca. Dieter Rampl e Fabrizio Palenzona, presidente e vice-presidente di Unicredit, siedono entrambi nel cda di Mediobanca, di cui Rampl e’ anche vice-presidente. Nel board di Piazzetta Cuccia c’e’ anche Ennio Doris, il patron di Mediolanum. Carlo Pesenti e’ sia nel cda di Unicredit sia in quello di Mediobanca. Angelo Caso’ e’ tra i consiglieri di Piazzetta Cuccia ed e’ anche nel cda della Milano Assicurazioni, di cui e’ presidente. In Mediobanca siede anche Jonella Ligresti, la presidente di Fondiaria Sai.
Francesco Gaetano Caltagirone, invece, oltre a sedere nel cda del Monte dei Paschi, quale vice-presidente, e’ anche nel board delle Generali, con la stessa carica. Il presidente delle Generali, Gabriele Galateri di Genola e’ anche consigliere di Banca Carige. Luigi Arturo Bianchi e’ sia nel consiglio di sorveglianza di Intesa sia nel cda di Banca Generali. L’avvocato Alessandro Pedersoli si divide tra il board delle Generali e quello di Ubi Banca. Il professor Luigi Guatri e’ sia nell’organo di governance di Vittoria Assicurazioni sia in quello del Banco di Desio. L’ex-rettore della Bocconi Roberto Ruozi e’ presidente del gruppo Mediolanum e anche di Banca Intermobiliare. L’articolo 36 e’ gia’ stato ribattezzato ‘norma Catricala” perche’ riprende una raccomandazione fatta dall’Antitrust, sotto la presidenza di Antonio Catricala’ che ora e’ sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. L’Antitrust evidenziava proprio gli “interlocking directorates”. tra le aree di interventi della governance della banche.
Gli (RADIOCOR) 06-12-11 20:00:48 (0386) 5 NNNN
Questa è la dichiarazione vera, non dice “possiamo lasciare l’Italia”
ANSA : MARCHIONNE, VIA ITALIA?POSSIAMO VENDERE IN TUTTO MOND
COSI’ A.D. RISPONDE A DOMANDA POSSIBILITA’ LASCIATE ITALIA (ANSA) – NEW YORK, 1 DIC – ”La Fiat e’ una multinazionale, continueremo ad andare avanti. Abbiamo attivita’ fuori dall’Italia e venderemo altrove. Chi pensa di condizionare la Fiat si sbaglia”. Cosi’ l’a.d. di Fiat, Sergio Marchionne a Radio 24, risponde a chi gli chiede se Fiat puo’ lasciare l’Italia.(ANSA). DRZ