[postilla e domanda]
Sempre a proposito di questo: perchè se certe cose le scrive un uomo riceve quintali di retweet, visite al blog e complimenti e se le scrive una donna (ce ne sone decine che lo fanno e da molto tempo) passa per la solita rompicoglioni, spesso anche tra le donne?
Ai padri, alle madri
Le donne, le madri
Le donne hanno meno lavoro. Le donne occupano meno posti “di potere”.Le donne sono meno in politica, nei CDA, ai vertici delle aziende. Le donne le si preferisce al parco a spingere un passeggino o a casa a cucinare la cena.
Le pubblicità dei detersivi, degli aspirapolvere, dei deodoranti per la casa, dei sofficini, delle zuppe, persino dei sughi pronti (che per definizione sono un cibo da maschio vecchio stile, che sa farsi solo una pasta), vedono la donna armeggiare con fornelli, diffusori, spruzzatori, stracci. E’ lei, la casalinga, che deve scegliere il fustino di detersivo, che stende le lenzuola linde in un prato verde, che serve la colazione ai suoi bambini nell’immacolato mulino bagnato dal sole, educata fin da piccola a colpi di bambolotti da cullare, cucinette rosa con tanto di finte padelle, finti barattoli, finte pentole e – ovviamente – finti biberon per finti bambini. Oppure bambole, che in fondo vogliono dire “prenditi cura del tuo corpo, dei tuo vestiti, se proprio non vuoi farlo con i bambini”. Ed è danza classica, ginnastica artistica, pallavolo quando va bene.
Noi
Noi, dall’altra parte, armeggiavamo con soldatini, finte pistole e fionde sessant’anni fa, oggi spariamo con una Playstation. Si giocava e si gioca a calcio. Sport maschio per eccellenza, dotato anche di un “homo homini lupus” implicito: arrivare in serie C vuol dire già avere uno stipendio decente. Competitivi in maniera brutale, sappiamo giocare bene – sporco e pulito insieme – solo con chi conosce queste regole: i nostri simili, gli altri lupi, e se c’è una lupa, deve adattarsi o verrà sopraffatta. Comunque preferiamo giocare con gli altri maschi.
In pubblico ammiriamo la Svezia, dove quel signore che fa il capo della segreteria del Primo ministro si prende sei mesi di congedo per stare con i figli. Ma la ammiriamo da lontano, con la sensazione che l’Italia non sia in grado, che i modelli culturali e sociali siano troppo distanti, che “ci vuole una legge”. Ma parlarne fa di noi delle persone evolute, che guardano al futuro, moderne nel più pieno e profondo senso della parola, dei padri degli anni 2000, mica quelli che si chiudevano nel loro studio, che incutevano timore. Così ci sentiamo assolti: non chiedermi qualcosa in più rispetto al predicozzo sull’arretratezza del Paese, a un cambio di pannolino, al cucinare una cena, al fare una lavatrice, perché tanto l’Italia “non è pronta”, è una questione di sistema. Già, la questione “di sistema”. Rassicurante come la coperta di Linus.
La pagnotta
Però è anche vero che l’Italia non è pronta. Quando mi sono preso due settimane di congedo parentale – ero arrivato in azienda da poco – l’ho fatto raccontando in giro che era perchè non avevo ferie (era vero, tra l’altro): temevo lo scherno da una parte, lo sguardo torvo dell’amministratore delegato o del direttore dall’altra. Pochi imprenditori o manager italiani sono disposti ad accettare che un dipendente maschio vada in “paternità” senza attribuirgli almeno un quartino di follia. Qualcuno ha raccontato come sono stati accolti i suoi mesi di paternità meglio di me e un giorno troverò il link e ve lo metterò.
Così ci ritroviamo nell’orrendo circolo vizioso di dover essere dei bread winner (traduco molto liberamente: “quello che porta a casa la pagnotta”), di doverlo rimanere e di dover ricoprire quel ruolo anche quando non ne abbiamo voglia. Certo, quelli tra di noi che un lavoro ancora ce l’hanno la vivono abbastanza serenamente, sicuramente meglio delle donne espulse dal mercato per aver risposto, insieme a noi, al naturalissimo istinto di perpetuare la specie e di volersi prendere cura dei cuccioli. Però è una condizione di prigionia o – per essere meno tranchant – di costrizione: in un ruolo, in un luogo, in uno schema comportamentale.
Il tempo che conta, eccome
Ecco, la cosa più pesante (anche intellettualmente umiliante, se volete) è il dover dosare le energie che potremmo liberare come padri, come mariti per accumularle e sfruttarle solo sul lavoro. Questo rientrare stremati a casa e raccontarci la bella favoletta che “non conta la quantità di tempo che trascorri con loro, ma la qualità”, che è un po’ come quella cosa delle dimensioni a letto. Ce la raccontiamo e ce la raccontano. la quantità di tempo conta eccome. Perché ti sei perso quella prima parola, quel gorgheggio, quei passi, quella lezione di calcio o di rugby, quei compiti fatti insieme, quel momento di pace sul divano, quella casetta di Lego, quel racconto sulla giornata a scuola.
Cosa potrebbero essere loro se i gli stessi più accanto, se portassi il mio carico di esperienze di vita diverse da quelle di mia moglie (sempre sia lodata, comunque), se portassi me stesso, per il solo fatto di essere un maschio e quindi diverso da lei? E quante cose in più potrei raccontargli, spiegargli? Quante ne potrei imparare?
Energia
Queste energie, in qualche modo, vanno tirate fuori. E mi perdoneranno le donne in lettura se la affronto egoisticamente, la questione (sono un maschio, non posso farne a meno). Ma chiedo agli uomini se l’abbiano mai presa da questo punto di vista, se abbiano mai riflettuto sul fatto che la peculiare disparità di genere italiana è un danno mortale per noi. Ci fa perdere profondità, qualità, valore, ci appiattisce, ci danneggia, ci rende, alla fin fine, uomini peggiori.
I cambiamenti culturali richiedono tempo, generazioni a volte, quindi iniziate subito. Se state vedendo la televisione insieme a loro, fategli notare quando una donna viene rappresentata come casalinga, che tanto capiscono presto. Non vi preoccupate se vostro figlio gioca con le bambole, non vuol dire che è gay (per alcuni è un problema). Spiegate a vostra figlia che il mondo non è tutto rosa, non è tutto fatto di cucinette e di bebè da cullare e se prende a mazzate qualcuno giocando con la Playstation o tira due calci al pallone non è un problema. Fatevi vedere, uomini, mentre cucinate, cambiate pannolini, fate lavatrici, spazzate per terra, passate l’aspirapolvere. Se siete dei pubblicitari o responsabili di aziende del settore “igiene della casa” avete già capito cosa vi chiedo.
Liberi tutti
Dobbiamo fare di meglio, però: far uscire la nostra moglie o la nostra compagna la sera con amiche o amici e restate noi a gestire i bambini, senza romperle i coglioni ogni quarto d’ora al telefono; dobbiamo spingerla a cercare un lavoro, anche part-time, anche precario, che ci costringa a rosicchiare mezz’ore al nostro – di lavoro – per darle la possibilità di farlo; metteterci in gioco; immaginarci diversi. Ecco, questo è importante: pensarci in quel ruolo, calarci in una loro giornata tipo e agire di conseguenza.
Liberare le donne, per liberare gli uomini.
Servizio pubblico e liquidfeedback
Servizio Pubblico ha deciso di organizzare una cosa su Liquidfeedback. Avrei voluto scrivere qualcosa su questo, visto che ho (molto modestamente) contribuito all’avvio dell’iniziativa.
Ma Luca De Biase ha espresso dubbi e prospettive molto meglio di quanto non lo possa fare io. Dunque leggetelo.
Ma questa è scuola Formigoni, come mai non è già cult?
Sullo stile di Forcaffè, l’atroce rubrica video reperibile sul sito del presidente della regione Lombardia, c’è “L’incursione” di Piercarlo Fabbio. Ex sindaco di Alessandria, è stato rinviato a giudizio per il dissesto finanziario del Comune. Ora è all’opposizione.
Uomini e topi ed ex ministri dell’Economia
In un post sull’Huffington dedicato alla riforma Fornero (vanno letti anche i commenti, per farsi due risate), l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, citando un passaggio dell’intervista della ministra al Sole 24 Ore nel quale si parla di “valutazione scientifica dell’impatto delle singole misure adottate”, chiude così.
Questo è il punto, un punto inquietante: uomini o topi? Uomini, o topi da laboratorio da sottoporre ad analisi pseudo-scientifiche?
La memoria viene inevitabilmente richiamata a questo. Dal minuto 9.40 circa
Sgravi per lo sciopero (selvaggio)
Abbiamo ancora negli occhi l’immagine che vedete qua sopra, scattata durante l’ultimo sciopero dei trasporti a Milano. Uno sciopero previsto e autorizzato, che ha messo a nudo – come ampiamente sottolineato nei giorni precedenti da Dario Di Vico – una certe vetustà di questo metodo di lotta.
Beh, se non funziona lo sciopero classico si può provare con quello selvaggio, che grazie alla legge di stabilità usufruisce di notevoli sgravi (mi si consenta la battuta). E’ previsto, infatti, un alleggerimento delle sanzioni minime per gli scioperi non autorizzati nei servizi pubblici essenziali.
Per chi aderisce o indice uno sciopero fuori dalle norme di legge si abbassa da 5 mila a 2500 euro l’ammontare della sanzione minima, calcolata in termini di permessi sindacali retribuiti sospesi o di contributi sindacali trattenuti dalla retribuzione. Norma che si estende anche ai dirigenti di servizio pubblico che non danno corretta informazione agli utenti.
Una norma della quale, francamente, non ci capisce la ratio.
Bastonate fiscali
Le entrate fiscali sono aumentate del 2,8% nei primo otto mesi dell’anno, dice Bankitalia. Notare che in piena recessione la dinamica dovrebbe essere un filino diversa. Opposta, per essere precisi.
L’EuroNobel [avviso: vi parrà retorico e poco cinico]
Ok, lo dico. Sono tra quelli che appena ha visto che il Nobel per la pace era stato assegnato all’Unione Europea ha pensato: “Che cagata!”. Poi ho provato a spogliarmi di quel un disincanto che indosso naturalmente e mi son detto che è proprio una bella cosa.
Da anni ci lamentiamo che si è fatta l’Europa economica, quella monetaria, ma non quella politica. In realtà abbiamo scoperto sulla nostra pelle che l’Europa economica è ben lontana dall’essere compiuta, mentre il Nobel ricevuto oggi ci ricorda che l’Europa politica esiste
Non c’è atto politico più semplice della guerra e non c’è atto politico più complesso della pace. L’atto politico supremo, se vogliamo.
Vado a rivestirmi di disincanto, ora. E scusate.
#Disperatimai, i cortometraggi
Il Festival delle lettere di Milano e Radio24, insieme. Per raccontare quell’umanità dolente fatta di imprenditori, professionisti e non solo che per mesi ha scritto alla nostra redazione raccontando la rabbia, lo sconforto, l’orgoglio.
Stasera alle 18.30 cinque cortometraggi, tratti da quelle lettere, verranno proiettati in via Monte Rosa 91, sede del Sole 24 Ore a Milano. Fino ad esaurimento posti.
Altamente consigliato il video di presentazione, che trovate qua
Stile Novantadue
Il Corriere della Sera, cronaca di Milano
Pagine 2,3,4: Zambetti
Pagina 5: Indagine tangenti per i Servizi sociali a Milano
Pagina 6: (Pubblicità)
Pagina 7: “Mense, all’ex manager incarico da 50mila euro”
Pagina 8: “Delegati expo in visita ai cantieri…..” Occhiello: “Aperta un’inchiesta una una commessa di Infrastrutture lombarde”