Primarie on line (ma solo in orari da ufficio)
A proposito di regole per le primarie: sono arrivate quelle del Movimento 5 Stelle. Si può votare on line, ma solo in orari d’ufficio (dalle 10 alle 17). Piuttosto curioso.
L’emotività, Renzi, Bersani
Su Twitter mi viene proposto questo paragone tra Renzi e Berlusconi
Non sono d’accordo sulla questione dei contenuti, quelli ci sono (validi o meno è altro tema). Raccomando però di non sottovalutare il fatto che, come in tutte le campagne elettorali, ogni candidato fa uso di questi mezzi, compreso Pierluigi Bersani.
L’emotività alla quale fa appello il segretario del PD è diversa: ci riporta a concetti come la solidità, ci fa sentire rassicurati, ci dà dei punti fermi. E’ in qualche modo il buon padre di famiglia, diviso tra l’Emilia contadina e l’Italia manifatturiera, proiettato in una dimensione nazionale, ma con l’occhio languido rivolto al tavolino del bar dove si gioca a Tresette. Il benzinaio di Bettola, da cui è partita la campagna, ne è l’esatta dimostrazione. Un’ampia parte del popolo di centrosinistra ritiene più accettabile questa personalizzazione della campagna elettorale rispetto a quella di Renzi.
Però si sappia che, più difficilmente percepibile, anche quella di Bersani è una tattica e anche lui parla alla nostra pancia, prima che al cervello.
Grandi promesse
Credo che questa cosa delle primarie on line del Movimento 5 Stelle ci darà parecchio materiale. Qua il candidato, per fare il video di presentazione, interpreta la parte del cattivo politico. Poi affida al testo la sua vera presentazione
Lord Patten, presidente della BBC, cita la Tv italiana
Chiunque tratti come spazzatura la BBC dovrebbe essere obbligato a guardare la tv italiana, francese, tedesca o americana…Forse non quella tedesca ma di certo quella italiana…
Lord Chris Patten, presidente della BBC
La famosa invasione dei destri in Primaria
C’è chi, in queste ore, sta lavorando su questionari distribuiti nei seggi e ne sta ricavando dei numeri. Potrebbe saperci dire a breve se la sensazione che tutti abbiamo avuto, ossia che un consistente numero di ex elettori del centrodestra è andato a votare alle primarie, corrisponde a verità.
Se così fosse, sarebbe un primo grande cambiamento negli schemi della politica italiana da molti anni, dovuto probabilmente anche alla decadenza dell’elemento polarizzatore, Silvio Berlusconi, e allo smarrimento che sta vivendo quello che fino a pochi mesi fa era il primo partito del Paese. Un cambiamento va salutato positivamente.
Credo che dovremo abituarci ad una modifica radicale del linguaggio con il quale trattiamo queste transizioni da uno schieramento politico all’altro. In queste ore se ne è parlato riferendosi a costoro come “delusi” nella migliore delle ipotesi, “infiltrati” nella peggiore. Per i sondaggisti, quando si tratta di elezioni e non di primarie, sono gli “indecisi”. Sarei contento se entrasse nel lessico politico italiano l’espressione “indipendenti”. È più dignitoso e rende esattamente l’idea del cambiamento che sta avvenendo.
Ma quanti saranno alle primarie?
E’ la domanda che si fanno tutti da settimane: quanta gente andrà a votare alle primarie? Il numero potrebbe essere dirimente e una partecipazione molto elevate potrebbe favorire Matteo Renzi (o almeno lui ne è convinto, io non del tutto).
Una piccola riflessione, che se volete potete interpretare come una previsione.
La domanda di politica e di partecipazione è molto alta e, referendum a parte, non ci sono stati appuntamenti nazionali con le urne dall’intera legislatura. Credo che molti possano leggere l’appuntamento di domani in questo modo, ossia come la prima occasione per esprimersi nel modo tipico di una democrazia: col voto. Vedremo se ci ho azzeccato.
Ancora sullo sciopero dei giornalisti. Oppure immaginate.
Oppure immaginate una protesta così: che per un giorno (e a cascata su tutti i quotidiani del giorno dopo) la politica italiana venga letteralmente ignorata.
Niente cronaca parlamentare, né dalle agenzie, né dai siti, né da radio o televisioni. Nessun parlamentare presente in alcuna riga scritta o letta. Niente retroscena. Niente editoriali.
Ok, l’ho fatto. Lunedì non sciopererò, ma…
Alla fine mi sono deciso. Ho troppe perplessità sullo sciopero dei giornalisti proclamato oggi dalla Federazione della Stampa per protestare contro le nuove norme contenute nel DDl Sallusti.
Sia chiaro: trovo folle che in una legge nata per togliere il carcere ai giornalisti venga inserito, nel corso dell’iter parlamentare, il carcere per i giornalisti. A maggior ragione per come la pena viene prevista adesso, ossia esentandone il direttore (che da contratto si chiama “responsabile”, ma viene deresponsabilizzato).
Trovo però l’arma dello sciopero molto spuntata e cattiva l’idea di rispondere ad una legge che si ritiene limitativa della libertà di stampa con un black out informativo. Un vero controsenso.
Dunque lavorerò e ho già donato il denaro della mia giornata di lavoro a Reporters sans frontières, che si batte per i giornalisti. Soprattutto per quelli che rischiano non il carcere, ma di morire ammazzati e a volte (troppo spesso) non per diffamazione, ma per aver solo raccontato i fatti. Qua sopra le prove.
Lo sciopero dei giornalisti
Questo pezzo di Dario Di Vico, scritto nei giorni successivi all’ultimo sciopero dei mezzi pubblici, lo tengo come faro. Perché parlando di quell’agitazione, parla in realtà del metodo dello sciopero che (in molti casi, non sempre, con i dovuti distinguo ecc.) è ormai un mezzo di lotta/rivendicazione che mi sembra abbia fatto il suo tempo.
Lunedì sciopereremo noi giornalisti per una questione di principio: si ritiene che – a differenza di quanto previsto dal Ddl Sallusti nella sua ultima versione – non debba essere previsto il carcere per il reato di diffamazione.
Non entro nel merito, ma penso che possa essere una nuova occasione per tenere aperto il dibattito sul metodo. Avrei preferito lavorare e chiedere all’azienda di devolvere quella giornata di lavoro a chi, come RSF per esempio, si occupa di chi tra noi rischia persino la morte (e nemmeno per una diffamazione, ma per aver solamente raccontato i fatti). Spero anche che questo dibattito si estenda a tutte le categorie di lavoratori, senza pregiudizi.
Unioni civili e adozioni, cosa dice Renzi
I tentennamenti del Partito Democratico sulle unioni civili e sulle adozioni da parte delle coppie omosessuali sono arcinoti. Dal programma di Matteo Renzi mi sembra che emergano le prime parole chiare, alla voce “Diritti all’altezza dei tempi”
d. Civil partnership.
Creazione nei primi 100 giorni di governo di un istituto che riconosca giuridicamente il legame d’amore ed il progetto di vita delle coppie dello stesso sesso garantendo da questo impegno pubblico diritti e doveri assimilabili a quelli discendenti da matrimonio: di cittadinanza, di assistenza, di successione e di equiparazione a livello fiscale e pensionistico. Una risposta concreta che supera divisioni strumentali e conferisce pari dignità ad ogni tipo di coppia.
……..
f. Famiglie omogenitoriali.
Riconoscere ai bambini nati e cresciuti in famiglie omogenitoriali gli stessi diritti di tutti gli altri bambini, a cominciare dal diritto di adozione da parte del genitore non biologico (“stepchild adoption”), similmente a quanto previsto dalle legislazioni tedesca e finlandese. Questa soluzione garantisce l’interesse del bambino in quanto evita traumi nel caso di perdita del genitore biologico e garantisce la possibilità al bambino di non perdere il contatto con la figura dell’altro genitore.