Ne ho le scatole piene


Sia chiaro che NON è una presa di posizione politica e che quello che sto per dire non inciderà minimamente sul mio lavoro di giornalista, che così come un medico o un avvocato ha un codice deontologico ufficiale o autoimposto da rispettare.
Fatta la premessa, vi dirò che ne ho le scatole piene.
Sono un contribuente da 22 anni su 42 di vita. Mi è capitato in gioventù di fare del nero (molto poco) e molto più spesso di pagare persino più del dovuto, rinunciando a qualche deduzione o detrazione che mi avrebbero fatto intascare poco ma mi avrebbero fatto perdere molto tempo. Mi è capitato anche di sfruttare le pieghe delle regole fiscali per pagare meno tasse, ma sempre nell’ambito di quello che è consentito e lecito.
In una discreta condizione reddituale e pagando un’assicurazione sanitaria, quella dei giornalisti, che mi stacca una notevole cifra mensile, ho versato imposte allo Stato finanziando in parte servizi dei quali ho usufruito, in parte finanziando servizi dei quali avrebbero usufruito persone meno fortunate di me, come appunto quelli sanitari.
Da bravo cittadino so di aver pagato, insieme ad un welfare state malmesso e clientelare, anche il cosiddetto “costo della democrazia”, per quanto sapessi che parte di questo denaro finiva per riempire le tasche di amministrazioni che definire inefficienti è decisamente eufemistico.
Poi ho iniziato a cambiare fornitori, per evitare di cadere in tentazione quando qualcuno ti chiede “faccio fattura?”. Negli ultimi tre anni ho girato tre barbieri: il primo non faceva mai uno scontrino, il secondo, dopo una decina di pagamenti regolari, una volta entrato in confidenza mi ha proposto lo sconticino per il nero. Ne ho trovato uno col quale pago di più, ma saldo solo con carta di credito. Non ho più chiamato l’elettricista che faceva tutto in contanti, privandomi peraltro di un buon professionista, e rinuncio ad un buon caffè e a un buon cornetto se non battono lo scontrino. Se posso rinuncio ai tassisti che mi dicono di non avere il bancomat, sapendo perfettamente che il più delle volte non è vero.
Ho ricevuto qualche cartella, il più delle volte per multe che mi ero perso e che, nel delirio di un’amministrazione malfunzionante, non sapevo più come recuperare. Ho pagato regolarmente.
Dal mio osservatorio professionale, dall’attenzione che ho nei confronti di quello che succede nel mondo reale, so perfettamente che un’operazione di condono può avere senso: può far rientrare in circolo denaro nascosto, può aiutare qualche famiglia in difficoltà (che però ha ampie possibilità di rateizzare), può far entrare soldi (ma mai abbastanza) in quell’idrovora che è lo Stato.
Ma c’è una questione di principio e di giustizia, nei miei confronti e nei confronti di quei milioni di cittadini che ogni mese, nel loro cedolino, guardano la differenza tra lordo e netto e vanno in bestia.
Quindi ne ho le scatole piene, proprio come loro.

2 Risposte

  1. Eh ma questa è per forza anche una presa di posizione politica, che tu lo voglia o meno.

    1. Dici? Non credo: averne le scatole piene dei condoni non è una posizione politica. Al limite una posizione prepolitica, se proprio vogliamo inquadrarla. Quasi pancia pura

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