Era il 1983 (ma forse anche prima). Redditi al palo.
L’anno dell’attentato a Gino Giugni, del primo Governo Craxi, della scomparsa di Emanuela Orlandi. O, se la memoria vi soccorre meglio, di Vita Spericolata di Vasco Rossi a Sanremo e del primo Vacanze di Natale. Per me anche il secondo scudetto della Roma.
Bisogna tornare al 1983 per vedere una crescita delle retribuzioni bassa come quella si è avuta a marzo: +1,2% su base annua. Un incremento così striminzito non si registrava, appunto, da almeno 29 anni. “Almeno” perché le serie storiche sono ricostruite solo dall’anno precedente: vuol dire che potrebbe essere il dato peggiore chissà da quando.
Non è la sola cattiva notizia che arriva dall’Istat oggi, dopo il già pesante dato diffuso ieri sulla fiducia dei consumatori, scesa a poco più di 89 punti. A preoccupare è il raffronto tra questa crescita dei salari e il livello di inflazione, che su base annua si attesta al 3,3%: la differenza è ormai di 2,1 punti percentuali, la più alta dall’agosto del 1995.
Che dite, smettiamo di radere al suolo il Paese con tonnellate di tasse o tocca morire sotto le macerie?