L’inutile agitarsi intorno ai dati sulle assunzioni
I dati Excelsior Unioncamere diffusi ieri, secondo i quali la quota di assunzioni a tempo indeterminato è scesa al 20% nel secondo trimestre dell’anno e resterà su questi livelli anche nel prossimo trimestre, sono molto poco indicativi. E’ stata in gestazione per qualche mese (approvata da pochissimo) una riforma del mercato del lavoro che promette di cambiare in maniera decisa la stessa struttura del tempo indeterminato/tempo determinato. Al lungo processo di gestazione ne seguirà un altro, sperabilmente più breve, di approvazione di decreti attuativi e implementazione. E’ presumibile che all’incertezza sulla situazione economica si sommi quella normativa: non assumo a tempo indeterminato se non so quali saranno le regole per i contratti del futuro. Per avere dati un po’ più seri bisognerà aspettare qualche mese.
Ancora sul diritto al lavoro e su chi fa un po’ di confusione
Bisogna dire la verità: il ministro Fornero ha fatto, fin dall’inizio del suo mandato, una serie impressionante di errori di comunicazione e qualche errore materiale (vedi il caso degli esodati). L’ultima vicenda è quella dell’ormai famigerata intervista al Wall Street Journal, nella quale, secondo la vulgata, avrebbe detto che “il diritto al lavoro va conquistato”. In realtà – e da queste parti se ne è già scritto – non ha detto esattamente questo.
Ho l’impressione che sul tema del lavoro si faccia molta confusione: diritto al lavoro e diritto al posto di lavoro; astrazione del dettato costituzionale dalla sua applicazione reale; mercato, ma solamente quando fa comodo. Non ne faccio una colpa a chi compie questi errori, perché la questione del lavoro penetra, mi si perdoni la brutalità dell’espressione, nella carne e nel sangue di ciascuno di noi e perché fa scattare facilmente una serie di riflessi condizionati.
Ora, cosa dice questo benedetto articolo 4 della Costituzione, comma 1?
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Sul diritto al lavoro si sono spese fin troppe parole. Basti ricordare qua – nella speranza di non essere fucilato seduta stante da un giurista – che la differenza tra l’astrattezza di un diritto e l’applicazione pratica può essere notevole. Si può pensare a tutte le limitazioni che esistono alla libertà individuale o al diritto “di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Ma la Costituzione prevede anche che la Repubblica “promuova le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Bene, da questo lato mi sembra che a Fornero (così come ad altri autori di riforme del lavoro) poco si possa dire: secondo il suo (loro) pensiero l’obiettivo finale della nuova legge è esattamente questo. Dunque, la riforma può essere sbagliata, ma si propone esattamente di consentire agli italiani di fruire del diritto al lavoro.
Fuor di Costituzione, però, c’è un altro elemento centrale che viene sottovalutato, soprattutto da coloro secondo i quali l’errore più grave di Fornero è stato il dire che
un impiego non è qualcosa che ottieni per diritto, ma qualcosa che ti conquisti, per cui devi combattere e per il quale potresti persino dover fare dei sacrifici
Quello del lavoro è un mercato. In un mercato – per definizione – ci si fa concorrenza per ottenere il risultato migliore, che nei periodi di crisi può essere il fatto stesso di ottenere un lavoro. Nasconderselo equivale a mettere la testa sotto la sabbia. Questione diversa è il come questa battaglia si combatte, con quali colpi. Siamo abituati a quelli sotto la cintura, mentre una competizione fair dovrebbe prevedere solo un’arma, quella del merito.
Ho parlato di Costituzione all’inizio. Mi fa piacere ricordare ancora una volta il comma 2 di quell’articolo 4
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Non è un caso se i Costituenti lo hanno inserito esattamente in quel punto. A quel diritto corrisponde un dovere.
Fornero e il caso della foto di Diliberto. Ministra imbestialita.
Qua la foto scattata a Diliberto che ha scatenato il casino, scattata da “il Portaborse”. Francamente ha più l’aria dell’infortunio: non so quanto sapesse che quella signora indossava quella maglietta. Detto ciò la reazione del ministro Fornero è durissima. Appena sotto il comunicato del ministro
“Leggo che un ex Ministro della Giustizia ha offerto il suo sorriso partecipe e compiaciuto a fotografi che registravano una manifestazione per la quale lo slogan scelto era: “La Fornero al cimitero”. Leggo anche che lo stesso ex membro del Parlamento italiano richiamava “norme di civiltà” riferendosi all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Provo profondo disgusto e sdegno e denuncio l’irresponsabilità di simili comportamenti e non soltanto perché mi trovo a essere l’oggetto di questi slogan. Un Paese come l’Italia merita politici in grado di interpretare e guidare con equilibrio e senso dello Stato le istanze dei cittadini. Penso che un ex membro del Parlamento italiano non sia legittimato a parlare di “norme di civiltà” quando adotta simili comportamenti. L’ex deputato ritratto in quella fotografia di certo non era degno di nessuno dei ruoli pubblici ricoperti.