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Era il 1983 (ma forse anche prima). Redditi al palo.


L’anno dell’attentato a Gino Giugni, del primo Governo Craxi, della scomparsa di Emanuela Orlandi. O, se la memoria vi soccorre meglio, di Vita Spericolata di Vasco Rossi a Sanremo e del primo Vacanze di Natale. Per me anche il secondo scudetto della Roma.

Bisogna tornare al 1983 per vedere una crescita delle retribuzioni bassa come quella si è avuta a marzo: +1,2% su base annua. Un incremento così striminzito non si registrava, appunto, da almeno 29 anni. “Almeno” perché le serie storiche sono ricostruite solo dall’anno precedente: vuol dire che potrebbe essere il dato peggiore chissà da quando.

Non è la sola cattiva notizia che arriva dall’Istat oggi, dopo il già pesante dato diffuso ieri sulla fiducia dei consumatori, scesa a poco più di 89 punti. A preoccupare è il raffronto tra questa crescita dei salari e il livello di inflazione, che su base annua si attesta al 3,3%: la differenza è ormai di 2,1 punti percentuali, la più alta dall’agosto del 1995.

Che dite, smettiamo di radere al suolo il Paese con tonnellate di tasse o tocca morire sotto le macerie?

 

Ok, panico: l’Argentina trucca i conti


L’Economist in edicola annuncia che non pubblicherà più i dati ufficiali sull’inflazione in Argentina. Il settimanale spiega che dal 2007 il governo di Buenos Aires diffonde numeri a cui non crede praticamente nessuno e che indicano una crescita dei prezzi al consumo tra il 5 e l’11%: “Economisti indipendenti, uffici provinciali di statistica e sondaggi sulle aspettative di inflazione – si legge – hanno tutti indicato un livello più che doppio”.

Cosa é successo? Che vista la cattiva fama di Paese da iperinflazione, il Governo ha ben pensato di sottomettere l’INDEC (l’istituto di statistica) ai suoi voleri per truccare i dati. E in quello che l’Economist definisce giustamente “uno straordinario abuso di potere per un Governo democratico” sta impedendo agli economisti indipendenti di pubblicare le proprie stime.

Così l’Economist ha deciso di pubblicare i dati che gli fornisce PriceStats, istituto indipendente basato negli Stati Uniti: la stima di inflazione per gennaio é di un +24,5%. Mi chiedo se Buenos Aires non abbia “migliorato” anche altre cifre. Quelle sulla crescita, per esempio. O peggio, quelle sui conti pubblici.


Come è facile notare un discreto peso sulla crescita dei prezzi, stavolta, ce lo hanno avuto le tasse. Alcolici, tabacchi, carburanti. (grafico Istat, qua il link al comunicato)

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