Una riflessione su Corrado Passera e i conflitti d’interesse
Sulla nomina di Corrado Passera a ministro, sulla scelta di affidargli un doppio ministero di grande peso (rendendolo un vicepremier di fatto) si sta discutendo molto. E’ un bene, perché è sempre sbagliato evitare di disturbare il manovratore. Il manovratore va disturbato a prescindere, non foss’altro perché faccio il giornalista ed è il mio mestiere.
Il direttore dell’Inkiesta, Jacopo Tondelli, lo sprona giustamente a dichiarare tutti i suoi conflitti d’interesse. O meglio, quelli della banca. Sono d’accordo: qualsiasi cosa vada nella direzione della trasparenza è benvenuta. Con alcuni colleghi (@lorenzodilena e @DeDominicisF) abbiamo discusso su Twitter e hanno ragione a dire di tenere gli occhi aperti.
Consentitemi di dire, però, che i conflitti d’interesse sui quali si punta il dito sono della banca e non di Passera. Il quale è un manager, seppure da tanto tempo alla guida del gruppo da dare l’idea – soprattutto a noi giornalisti che seguiamo la finanza e l’economia – di essere lui stesso la banca.
Come ben sappiamo chi ha vero potere sulla banca risiede, in realtà, in altri luoghi. Che a costoro Passera sia stato contiguo, che ne abbia seguito le indicazioni per fare di Intesa San Paolo una “banca di sistema” è perfettamente normale: il mestiere del manager non è per caso quello di rispondere all’azionista, vero o occulto che sia?
E ancora. Passera è un manager, altre persone provengono da altre realtà, come quelle universitarie. Mettiamo che il politecnico di Torino presenti un buon progetto di ricerca che necessita del finanziamento del ministero. Cosa si fa? Tutti sono potenziali portatori di conflitti d’interesse. Compresi i politici di professione, come decenni di finanziarie e di leggi-mancia ci hanno dimostrato.
Dunque occhi aperti, come segnalano giustamente i colleghi dell’Inkiesta e non solo loro. Ma nemmeno star là a far emergere conflitti prima ancora che gli interessi si incrocino.