Non è una questione di libertà. O sì? #liberocommercio (ok, sono io il colpevole)
Mi autodenuncio, sapendo che mi beccherò una discreta quantità di improperi, come già avvenuto quando si è discusso di apertura domenicale dei negozi. C’è chi scrive che il concetto di libertà non può essere ridotto allo shopping. Cosa dire di fronte ad una banalità di questa portata? Che è vero. Ma è vero anche che la libertà ha una enorme quantità di sfaccettature (altra banalità stratosferica).
Posso avere la libertà di fare la spesa domani? Un commerciante o un’impresa del settore può avere la libertà, nel caso lo reputi conveniente, di tenere aperto?
E allora – si dice – i commessi non hanno la libertà di rimanere a casa? Quando i contratti sono quelli giusti e i datori rispettano le regole, nei festivi si guadagna di più. I commessi che lo vogliano, possono avere la libertà di lavorare anche nei festivi incassando una maggiorazione?
Poi una nota sullo strumento del boicottaggio, che è gravemente irrispettoso nei confronti terrà aperto. Lo ricordiamo al sindacato: anche i negozianti e i dirigenti delle grandi catene commerciali sono lavoratori. Così come lo sono i consumatori che in quel giorno decideranno di fare acquisti. O mangiare al ristorante, ascoltare la radio o guardare la televisione, andare allo stadio: nessuna battaglia per i camerieri, i cameraman e i fotografi, i giornalisti, i tecnici di studio, i calciatori, i preparatori atletici, gli staccatori di biglietti dello stadio, gli operatori dei servizi di informazione telefonica, i call center di Sky….
Probabilmente ho una visione distorta, visto che lavoro il sabato e la domenica da almeno quindici anni e questo non mi impedisce di avere una vita famigliare normale e di godere di momenti di tempo libero che – impariamolo perché il mondo evolve – non è detto che siano sempre nei giorni e orari canonici.